Letteratura

William in William / Archetipi shakespeariani in ‘As I Lay Dying’ di Faulkner (parte I)


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1. Faulkner e la tradizione

In molte delle sue interviste, Faulkner ha espresso un particolare disinteresse per la letteratura contemporanea, considerata troppo raffinata per un uomo di origini contadine che si diverte a impersonare il ruolo di scrittore, ma non ha mai nascosto la sua naturale predilezione per i classici. Nella sua produzione è infatti possibile rintracciare evidenti richiami alla letteratura inglese elisabettiana e romantica (Spenser, Shelley e Keats), alle opere americane e francesi dell’Ottocento (Twain, Poe, Melville, Balzac e Flaubert) e alla tragedia greca del V secolo a.C. Questo non significa assolutamente che Faulkner non leggesse autori contemporanei, come hanno esaustivamente dimostrato i numerosi studi sul debito che l’autore ha intellettualmente contratto con Joyce, Eliot, Wolfe e Anderson, ma tali dichiarazioni dovrebbero spingere a considerare l’opera faulkneriana come il risultato di un lungo processo di rielaborazione della tradizione votato alla formazione di un personalissimo tipo di modernismo, caratterizzato da periodi sinuosi e raffinati, da ferite storiche che non si sono mai rimarginate e da scenari sociali caratteristicamente sudisti. Volendo seguire la traccia proposta da Faulkner stesso, non è difficile credere come, ancor più della letteratura contemporanea, certe opere del canone tradizionale siano state determinanti per la stesura di molti scritti dell’autore americano. Si pensi a The Bear, racconto che trae dalla tragedia attica i temi di caccia e incesto e in cui, nella profonda affinità di Ike con la natura, si nota in filigrana l’estetica romantica inglese; oppure a The Reivers, il cui debito con l’opera twainiana è particolarmente evidente in elementi quali l’ “earthy humor” e il cameratismo tra bianchi e neri; o anche a Beyond, dove il messaggio finale – il senso dell’esistenza umana non può essere trovato nella vita ultraterrena, bensì nella sola vita e nella somma delle esperienze esistenziali – e i riferimenti filosofici che puntellano il testo sono conseguenza della lettura di scritti appartenenti al periodo illuminista francese. In questo pullulare di opere della tradizione, però, Faulkner riserva un posto speciale a William Shakespeare, l’unico autore che continuerà ad appassionarlo anche negli ultimi anni di vita. Intimamente colpito com’era dalla sua profonda capacità di indagare la natura umana, infatti, in una conferenza del 1957, a cinque anni dalla morte, dichiarerà: “I still read Shakespeare. I have a one-volume Shakespeare that I have just about worn out carrying around with me” [1]. Per Faulkner, gli scritti del drammaturgo elisabettiano rappresentano il “casebook on mankind” [2], mentre il loro autore va considerato il modello con cui uno scrittore veramente di talento deve misurarsi. Sono stati condotti numerosi studi sul grado di influenza che la lettura di Shakespeare ha esercitato su Faulkner. Per esempio, si è notato come, stilisticamente, le scelte retoriche di Absalom! Absalom! riflettano quelle delle tragedie shakespeariane, poiché si fa largo uso di endiadi e di tropi di sdoppiamento, ma si è anche evidenziato, a livello tematico, come Faulkner e Shakespeare trattino similmente l’immortalità e l’arte. Si sono sottolineate, inoltre, le strategie comiche che Faulkner mutua da Shakespeare, e si è anche dedicata all’analisi di Requiem for a Nun, opera profondamente connessa al teatro shakespeariano, un’importante mole di scritti critici. Ciononostante, non sembra essere stata indagata abbastanza a fondo la presenza di Shakespeare nel concepimento dei personaggi del romanzo As I Lay Dying, probabilmente perché il forte sperimentalismo compositivo ha condotto spesso la critica verso i soli sentieri dell’estetica modernista. Questo breve intervento, quindi, si pone l’obiettivo di evidenziare come alcune opere del drammaturgo elisabettiano abbiano fornito a Faulkner gli elementi per rappresentare le figure di Darl, Jewel e Addie.

Volendo seguire la traccia proposta da Faulkner stesso, non è difficile credere come, ancor più della letteratura contemporanea, certe opere del canone tradizionale siano state determinanti per la stesura di molti scritti dell’autore americano

2. Darl e “The Tempest”

Darl, secondogenito di Addie e Anse Bundren, è il personaggio che, seguendo la metafora del play shakesperiano, incarna meglio il ruolo dell’attore principale. Probabilmente per la sua acuta sensibilità verso i più piccoli stimoli della realtà, infatti, i monologhi di Darl occupano diciannove delle cinquantanove sezioni del testo; inoltre, viene espresso un giudizio su di lui e sui suoi comportamenti in otto dei restanti quaranta monologhi. È la voce di Darl che introduce il lettore al romanzo, è in Darl che chi legge sente di poter trovare un punto di riferimento narrativo ed è di Darl che Cash sente la mancanza nell’ultima pagina dell’opera. È un personaggio cerebrale, lontano dall’eroismo vistoso di Jewel e dalla cieca lealtà di Cash, e questo gli permette di vedere con maggior distacco rispetto ai fratelli la dipartita della madre e il viaggio verso Jefferson, a cui peraltro si oppone decisamente. Darl, però, è anche caratterizzato da una spiccata sensibilità poetica ed è il personaggio a cui vengono affidate le riflessioni filosofiche del testo: i suoi monologhi sono infatti spesso composti da lunghi periodi ipotattici. Darl, infine, sembra dotato di chiaroveggenza, condizione che lo porta ad essere visto in maniera negativa dagli altri personaggi e a temerlo. Infatti, sarà proprio questa paura, mascherata da accusa di pazzia, a spingere la famiglia Bundren a rinchiudere Darl in manicomio. La ricerca dell’archetipo di Darl, quindi, non può che condurre a Caliban e Prospero, i personaggi principali di The Tempest. Faulkner dichiarerà sempre un profondo rispetto per l’ultima “pièce” del drammaturgo inglese, vista come l’estrema possibilità che Shakespeare si era dato per trovare un senso all’esistenza umana; questo spingerà la critica, già negli anni successivi alla morte dello scrittore americano, a rintracciare delle corrispondenze tra The Reivers, ultimo romanzo di Faulkner, e The Tempest, spesso concentrandosi sulla medesima resa di fronte all’inconoscibilità del senso della vita e, quindi, alla comune accettazione di una verità parziale di esso. Appare riduttivo, però, credere che Faulkner si sia avvalso di un’opera talmente importante soltanto nella sua produzione più tarda. Sembra incredibile, invece, esserne convinti una volta confrontato Darl con Caliban e Prospero. Caliban è l’unico nativo dell’isola occupata da Prospero, ma vive in condizioni di schiavitù a seguito di un tentativo di violenza nei confronti della figlia del padrone, Miranda, e cerca di riscattarsi da questa condizione cospirando la morte di Prospero insieme ai naufraghi Stefano e Trinculo. A causa della sua fisionomia, è considerato dai vari personaggi come un mostro, così nessuno riesce a indagare compiutamente la complessità della sua personalità, finendo spesso per fraintenderlo. Anche Darl, d’altronde, subisce il medesimo destino: il carattere riflessivo e introspettivo che lo caratterizza turba la serenità della comunità e della famiglia, che finiscono per alienarlo o, nel migliore dei casi, travisarlo. Caliban non mostra cieca lealtà a Prospero, a differenza di Ariel, mettendo spesso in dubbio l’autorità del padrone per difendere la propria dignità, ricordando anche in questo aspetto Darl, dal momento che, nella scena dell’attraversamento del fiume e in quella dell’incendio del fienile, prima non intervenendo e poi provocando le fiamme, il personaggio ideato da Faulkner dimostra scarso attaccamento verso il desiderio materno di essere seppellita a Jefferson. C’è molto di più, però. Darl e Caliban manifestano una sensibilità fuori dall’ordinario, poiché sembrano entrambi in grado di cogliere le più piccole sfumature e presenze del mondo circostante. In numerose scene si percepisce proprio come i due riescano a vedere la realtà in maniera diversa, come se fossero in grado di percepire “al di là” delle cose. Se per il secondo è però possibile apprezzare questa facoltà solo per lampi fugaci, Darl, in vantaggio su Caliban grazie alla tecnica del monologo interiore, dispone di maggiori occasioni per mostrare la propria ipersensibilità al lettore, raggiungendo inoltre importanti vette di lirismo. Ci sono due elementi in particolare, però, che avvicinano Darl a Prospero: il linguaggio e la magia. Dalla bocca dello stesso nativo, il lettore apprende che, prima dell’avvento del mago sull’isola, Caliban non conosceva la parola: è infatti stato il suo padrone a insegnargli il linguaggio, che ora usa per maledire. A differenza di Prospero, però, Caliban sa di non possedere la capacità di dare profondità alla sua parola, non è in grado di renderla fattuale, non avendo conoscenze di magia. Infatti, in The Tempest il linguaggio è connesso alle arti occulte e solo Prospero, in quanto stregone, riesce a dominarlo completamente. Applicando tali considerazioni a Darl, la sovrannaturale capacità di chiaroveggenza che si presenta in maniera insistente nei monologhi principali andrebbe di pari passo con la piena padronanza che Darl ha della parola, essendo l’unico personaggio in grado al contempo di descrivere gli aspetti più intimi della realtà e di intervenire su di essa. Darl è quindi capace di raggiungere il grado poetico del linguaggio, mentre gli altri membri della famiglia riescono a esprimersi soltanto all’interno della sfera pratica di esso.

Faulkner dichiarerà sempre un profondo rispetto per l’ultima “pièce” del drammaturgo inglese, vista come l’estrema possibilità che Shakespeare si era dato per trovare un senso all’esistenza umana

3. Jewel e “King Lear”

Jewel, frutto della relazione adulterina tra Addie e il predicatore Whitfield, è un personaggio particolarmente curioso, dal momento che Faulkner lo inserisce all’interno del contesto familiare Bundren come terzogenito della madre morente, cosicché possa comparire in ogni scena del romanzo, ma concede al lettore una sola occasione di accedere alla sua interiorità. Essendo, poi, il suo unico monologo particolarmente breve, si è costretti ad affidarsi alla percezione che gli altri personaggi hanno di Jewel e delle sue azioni per delinearne un quadro generale. Alla fine, quel che si riesce a percepire è che il linguaggio del ragazzo è fortemente pratico, tuttavia risulta poco comunicativo al lettore, il quale finisce per essere spinto velocemente fuori dalla narrazione. Darl associa spesso Jewel al legno, accrescendo così l’idea della sua impenetrabilità agli occhi altrui e, al contempo, giustapponendolo alla bara di legno in cui riposerà l’amata madre. Anche il rapporto con Addie, però, non è facilmente inquadrabile, dal momento che, quando Anse chiede ai figli di andare a svolgere una commissione mentre la moglie è ormai prossima alla morte, Jewel incalza Darl a partire, non ascoltando le ripetute avvertenze del fratello durante il viaggio, ma, di contro, una volta morta la madre, Jewel si mostra particolarmente premuroso verso la realizzazione dell’ultima volontà di Addie, arrivando perfino ad accettare la vendita del suo amato cavallo, verso cui, oltretutto, manifesta la stessa ambivalenza affettiva che ha nei riguardi materni, giustificando così l’affermazione di Darl “Jewel’s mother is a horse” [3]. Infine, il ragazzo è caratterizzato da un eroismo esagerato, ai limiti del cavalleresco, in quanto non perde occasione per dimostrarsi valoroso ma solitario. Infatti, come prelevato da un romanzo cortese, scorta la famiglia in sella al suo cavallo e si prodiga per la causa affrontando le numerose prove che si parano nel tragitto, fra cui il recupero degli attrezzi di Cash dopo l’episodio dell’attraversamento del fiume e lo scontro con le fiamme per salvare la bara di Addie. Va comunque notato come tale eroismo scaturisca e sia alimentato dal carattere impulsivo, impaziente e, certe volte, illogico di Jewel, e quindi assuma facilmente la forma degenerata dell’atto di violenza, in linea con le parole di Addie (“With Jewel […] the wild blood boiled away and the sound of it ceased” [4]), come nel caso dello scontro con l’uomo bianco nei pressi di Jefferson. Dal punto di vista degli archetipi shakespeariani, Jewel sembra rispondere a numerose categorie antropologiche proposte dal drammaturgo inglese: è un bastardo, è violento, è geloso e sembra celare l’ambizione di voler riscattare la sua appartenenza ai Bundren, poiché vi si lega biologicamente solo grazie ad Addie. Sebbene la produzione shakespeariana faccia largo uso di questi archetipi, solo pochi personaggi hanno la (s)fortuna di incarnarli tutti insieme, fra i quali compare Edmund di King Lear, opera che Faulkner conosceva assai bene, dal momento che il valore negativo attribuito alla sterilità (si pensi a Flem oppure a Popeye, in altri romanzi faulkneriani) è mutuato proprio da questa tragedia shakespeariana. Edmund è il figlio bastardo del Conte di Gloucester e, poiché invidioso della condizione di legittimità del fratello Edgar, inventa racconti calunniosi su di lui fino a costringerlo all’esilio e a fingersi pazzo: è così che intende diventare legittimo erede, il che corrisponde a realizzare il suo sogno di integrazione familiare e sociale. Ma se il piano di Edmund risulterà solo parzialmente efficace, Jewel riuscirà a integrarsi completamente nel contesto Bundren proprio dopo l’esilio di Darl in manicomio, come si nota nella scena finale del romanzo. Si tenga presente, però, che Jewel non è machiavellico, a differenza di Edmund, e tutte le sue azioni sono frutto dell’impulsività e dell’eroismo, quindi va sottolineato come siano stati degli eventi favorevoli, e non un piano ben congegnato, a permettere la legittimazione del ruolo sociale di Jewel. Sia Edmund che il figlio di Addie sono caratterizzati dalla violenza, che si manifesta primariamente nel modo in cui sono stati concepiti e, successivamente, nel modo in cui i due si rapportano agli enti della realtà. Infatti, se Jewel picchia il suo cavallo e maledice i fratelli maggiori, Edmund non mostra pietà verso il vecchio Lear e sua figlia Cordelia e, inoltre, si scaglia contro l’ordine sociale e lo schematismo culturale. Benché in Edmund, a differenza di Jewel, questa ferocia non si accompagni a scintille di eroismo, è possibile notare come entrambi i personaggi si configurino, in un certo qual modo, come “self-made men” proprio grazie alla loro violenza, percepita come strumento essenziale per ottenere la legittimazione di sé in un contesto familiare a cui si non si sente di appartenere. Si è di fronte a soggetti intimamente soli, la cui condizione biologica è percepita come un’imperfezione del loro essere, per questo Jewel si adira spesso con Darl, il quale conosce le sue origini, e per questo Edmund ordisce l’esilio di Edgar, colpevole solo di essere figlio legittimo del Conte di Gloucester. Entrambi, inoltre, concepiscono in ritardo di essere stati amati da qualcuno e, quindi, di essere stati meno soli; per questa ragione Jewel protegge costantemente la bara di Addie e per questa ragione, in fin di vita, Edmund pronuncia, alla vista dei cadaveri di Goneril e Regan, le parole “yet Edmund was beloved. / The one the other poisoned for my sake, / And after slew herself” [5].

Immagine: The Veteran in a New Field, 1865 / Winslow Homer (MET collection OA)


[1] F. L. Gwynn, J. L. Blotner, Faulkner in the University. Class Conferences at the University of Virginia (1957-1958), University of Virginia Press, Charlottesville, 1959, p. 131.

[2] G. Rope, Faulkner on Writers and Writing, in Conversations with William Faulkner, ed. M. T. Inge, University Press of Mississippi, Jackson, 1999, pp. 63-65.

[3] W. Faulkner, As I Lay Dying, Vintage Books, London, 2004, p. 86.

[4] Ivi, p. 168.

[5] W. Shakespeare, King Lear, Washington Square Press, New York, 1993, p. 253


Yuri Sassetti è nato il 15 gennaio 1995 a Siena. Una volta conseguito il titolo di laurea triennale in Studi letterari e filosofici all’Università degli Studi di Siena con una tesi sulle figurazioni del vampiro nella letteratura gotica inglese, decide di proseguire il percorso di formazione nella città dove è nato iscrivendosi a Lettere moderne ma specializzandosi nelle letterature straniere. Ama leggere e scrivere poesie, suona la chitarra in una band e trova interessante il cinema impegnato. Attualmente sta pensando alla raccolta e pubblicazione di una serie di saggi di critica letteraria.