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1. Introduzione
Ettore Scola, cui quest’anno si è festeggiato il novantesimo anno dalla sua nascita, ha sempre avuto a cuore il racconto storico. L’aspetto più interessante dei suoi film è infatti la capacità di intrecciare la vita di personaggi fittizi con le trame del passato storico italiano. La necessità di soffermarci su questo grande regista italiano emerge da uno strano dato di fatto. Come sottolinea lo storico del cinema Gianni Canova, infatti,
se si eccettuano le sporadiche recensioni della stampa quotidiana e un paio di parziali messe a punto apparse su riviste francesi, i contributi italiani dedicati a Scola si contano sulle dita di una mano e si configurano più come tentativi di ricognizione preliminare o di censimento esplorativo di una produzione quanto mai vasta ed estesa che come esaurienti sintesi critiche, organiche e persuasive [1].
Proprio per questo motivo, visto il grande interesse che da qualche anno gli studi italiani stanno dedicando alla relazione tra omosessualità e cinema, come dimostra il recente testo Cinema italiano e omosessualità. Dalla caduta del fascismo agli anni di piombo (2019) di Mauro Giori, è necessario soffermarci sul modo in cui Ettore Scola ha raccontato l’omosessualità per contribuire alla costruzione di una storiografia che tenga conto di questa relazione. Nel programma delle proiezioni cinematografiche italiane del 1977 compare un film, Una giornata particolare, che racconta le vicende di un omosessuale e di una vicina di casa nel periodo fascista. Gabriele, speaker omosessuale dell’EIAR (Ente Italiano per le Audizioni Radiofoniche) interpretato da Marcello Mastroianni, la cui voce, paradossalmente, viene silenziata dal regime fascista in quanto omosessuale; Antonietta, interpretata da Sophia Loren, moglie e casalinga che si sottomette senza troppe domande alla struttura patriarcale del fascismo. Il titolo del film richiama la giornata in cui le strade di Roma vedono la sfilata del Führer, a seguito del consolidamento del patto d’acciaio. Di questa sfilata, solo alcune immagini filmate dall’Istituto Luce vengono utilizzate da Scola nel prologo del film, proprio per costruirne l’antefatto storico. Una volta entrati nella microstoria dei protagonisti, le immagini della grande Storia scompaiono, entrando sporadicamente nella vicenda soltanto tramite i suoni del cinegiornale dell’EIAR, sotto la forma di acousmatique, ovvero un suono che si sente senza vedere la fonte da cui proviene [2].
2. La grande storia
Il contesto storico del fascismo viene scelto da Ettore Scola per due motivi. In primo luogo, per accentuare con maggiore esemplarità e forza simbolica la discriminazione e l’emarginazione, la solitudine e l’isolamento vissuti e subiti dai protagonisti [3]. In secondo luogo, come afferma lo stesso regista, perché:
a noi che viviamo in una società democratica, progredita socialmente e politicamente, tocca domandarci se anche quegli inganni e quell’intolleranza sono del tutto finiti, se il diritto alla propria dignità viene in egual misura riconosciuto a uomini, donne e diversi. Se tutte le libertà personali vengono ugualmente rispettate [4].
Infatti, nel 1938 le leggi razziali inserivano gli omosessuali nel gruppo dei cittadini da punire per tutelare la razza, ma al tempo stesso generavano un paradosso. Infatti, secondo Giovanni dall’Orto:
definire gli omosessuali in quanto ”razza”, al pari degli ebrei o dei negri, significava riconoscere loro uno status di gruppo sociale, per quanto deviante e criminale. Ciò contraddiceva in pieno la strategia seguita fin dall’inizio dal fascismo, che a sua volta si basava su almeno un secolo di tradizione giuridica e repressiva italiana, che puntava a cancellare del tutto l’omosessualità negandole qualsiasi spazio di visibilità, fosse pure deviante [5].
Il fascismo si fa promotore di un vero e proprio culto della virilità. Culto già insito nella cultura italiana, soprattutto, potenziato dall’immaginario maschile cattolico di una virilità rivolta unicamente verso il femminile, contraria all’omosessualità come vizio da eradicare [6].
La mascolinità come ideale fascista nasce dalla necessità di riformare il corpo e l’identità dell’uomo italiano. Dal primo dopoguerra, infatti, era necessario riconquistare la forza e la potenza del corpo, private anche dalle condizioni di povertà in cui versavano, ad esempio, le regioni del Sud Italia, perché: il corpo – in quanto elemento di autorappresentazione della nazione, così come le bandiere, gli inni o le feste nazionali – doveva rappresentare la bellezza ideale, diventando un monumento capace di veicolare alle masse valori e virtù utili ad accrescere la loro coesione interna [7]. Al contrario, l’omosessuale, fin dagli studi lombrosiani, è stato ingiustamente considerato come un individuo dai tratti fisiologici e somatici inconfondibili, che ne evidenziavano la perversione [8]. I tratti tipici erano considerati dai lombrosiani delle anomalie naturalistiche e biologiche che andavano a caricare quegli stereotipi sociali di una finta veste di razionalità scientifica [9]. Gli omosessuali vengono puniti dalla Legge italiana per motivazioni politiche non per dei veri e propri reati. Se da un lato il nuovo Codice penale del 1930 non reintrodusse il crimine di sodomia, pur discutendosene in sede di Lavori preparatori al Codice penale Rocco, in cui si decise in ultima istanza di non menzionare gli atti omosessuali fra i delitti in quanto il “vizio” non era poi così diffuso e parlarne avrebbe dato alle potenze estere un’idea di un’Italia scarsamente maschia, dall’altro, nello stesso anno, fu emanato il Regio Decreto n.773, il quale autorizzava misure di polizia nei confronti di chi avesse provocato pubblico scandalo. Infatti, non era amare un uomo il problema, quanto amarlo pubblicamente, visto che, proprio secondo tale Codice: gli atti di libidine contro natura costituivano una chiara offesa alla morale al buon costume e la loro sanzione rispondeva pienamente al nuovo orientamento del regime fascista [10]. Tra i turbatori della pubblica moralità e del buon costume rientravano gli omosessuali, i quali, senza passare dalle aule di alcun tribunale, si videro destinatari di confini di polizia, provvedimenti restrittivi della libertà e più spesso di gratuiti pestaggi.
3. La microstoria
Nonostante le Leggi razziali, paradossalmente, rendessero evidenti a livello sociale gli omosessuali, nella realtà storica di Ettore Scola, il personaggio di Antonietta sembra non comprendere da subito l’omosessualità di Gabriele, sebbene egli viva da solo e, durante l’arrivo del Führer, si trovi dentro casa e non in piazza ad accoglierlo. Gabriele, al contrario, è stanco di nascondere la propria omosessualità. La macchina da presa racconta questa sorta di presa di coscienza: si sposta sulla pistola posata sul tavolino, lasciando intendere allo spettatore un intento suicida. Ma il canto del pappagallo che vola via dalla finestra della vicina di casa lo distrae e lo aiuta a realizzare che la morte non è la soluzione adatta. L’esigenza di una sorta di coming out, simile al libero canto del pappagallo libero di volare dove vuole, si palesa in tre momenti. Nel primo, durante la telefonata con Marco, Gabriele dice:
ho voglia di parlare, parlare, oppure scendere in piazza, prendere il primo sconosciuto e raccontargli tutti i fatti miei, ma fino a spaventarlo, a scandalizzarlo, anche a fargli del male, piuttosto che stare da solo in questa casa che odio!
La voglia di gridare ad alta voce la sua omosessualità emerge in un secondo momento, quando sul terrazzo Antonietta scambia l’incontro con Gabriele per un tentativo di seduzione. Lui le si scaraventa addosso, toccandola, strofinandole addosso il proprio corpo e urlando:
questo che si deve fare quando si sta soli con una donna? Rispondi! Tanto gli uomini sono tutti uguali, vero? Bisogna farglielo sentire, perché questo è il muscolo più importante, è vero! Mi dispiace, mia cara ma ti sei sbagliata! Non sono il maschione virile che t’aspettavi. Sono un frocio! Frocio! Così ci chiamano!
Lui la inseguirà poi per le scale, continuando a urlare, sfidando anche il perbenismo del condominio. Al contrario di una tradizione cinematografica che racconta gli omosessuali come antagonisti, macchiette o personaggi deboli, Ettore Scola restituisce il coraggio di opposizione, il senso della resistenza al fascismo di un omosessuale che vuole sfidare l’istituzione, a dispetto del rischio di confinamento. Al suo primo approccio alla tematica omosessuale, Ettore Scola, secondo Giacomo Lichtner, produce un’immagine dell’omosessualità sconnessa dalla politica e della classe sociale di Gabriele visto che la psicologia e il sesso rimangono temi persistenti ma non sono giustificazioni per le decisioni politiche [11]. Infatti, Gabriele non ha le capacità reali di analisi tipiche dell’intellettuale borghese, come quello ad esempio rappresentato in Novecento di Bernardo Bertolucci, nella figura di Ottavio Berlinghieri, che da borghese omosessuale realizza la propria sessualità come un ostentato anti-conformismo [12].
La rappresentazione dell’omosessualità in Una giornata particolare, deve però fare i conti con il rapporto sessuale tra i due protagonisti. Certo, la presenza sullo schermo cinematografico del divo e della diva italiani per eccellenza sembrava imporre una soluzione narrativa attesa dal pubblico. Eppure, resta l’impressione di una certa obliterazione – nei fatti – dell’omosessualità di Gabriele. Il problema resta aperto, visto che in nessun saggio o critica si è posto il problema di analizzare questa scena dal punto di vista della sessualità del protagonista. Stefania Carpiceci la descrive infatti come una scena d’amore la cui delicatezza, tenerezza e sofferenza, sono violate dal crescendo del sonoro radiofonico [13].
4. La critica
Sandra Ponzanesi, nel suo Queering European Sexualities Through Italy’s Fascist Past, pur concentrandosi sulla relazione fascismo-omosessualità, non dà attenzione alla dinamica sessuale tra i due protagonisti. Gianfranco Pasquino, nel suo saggio La vita ordinaria bajo el fascismo, descrive il rapporto sessuale tra i due come un modo per dimenticare le loro eterna condizione e il loro imminente destino, in cui due solitudini si incontrano e lasciano fuori il rumoroso mondo autoritario-fascista [14]. Una lettura di stampo femminista è invece prodotta da Giacomo Lichtner, che scrive: Antonietta scopre che la sua condizione, benché sia normale – in una società non rappresentativa come quella menzionata – la rende una schiava e la depriva della sua stessa agency. Antonietta reclama questa agency quando seduce Gabriele e resiste alle avances del marito. Anche se usare il sesso come agency femminile appare un po’ un cliché deludente per un regista uomo, questa scelta può essere motivata dallo stesso sfondo emotivo della protagonista, così anche come la sua esperienza con gli uomini. Anche se il film è stato scritto solo da uomini, Una giornata particolare ha una più profonda conoscenza delle tematiche femministe che stavano sorgendo proprio negli anni Settanta [15]. L’unica critica che si è posta il dubbio sull’esposizione di una scena di sesso tra Gabriele e Antonietta è quella di Lancini e Sangalli, che la ritengono una risposta alle richieste del vasto pubblico. Inoltre, quell’agency femminile che Lichtner attribuisce al personaggio di Antonietta, quando rifiuta le avances del marito nel finale del film, secondo Lancini e Sangalli in realtà rappresenterebbe nient’altro che la volontà di Antonietta di non turbare il ricordo di quella ‘giornata particolare’. Poi, tutto come prima [16]- Una critica su ”La Stampa” ritiene addirittura che la scelta due divi del cinema è poco funzionale a questo racconto, e la definisce come una vera e propria intrusione divistica in una storia antidivistica […] in cui dopo le intense scene iniziali, dopo che tutto è stato apparecchiato perché scatti, a dispetto di Hitler, la storia privata dei due esclusi, la commedia politica diventa commedia di mani, il dialogo brillante e patetico prende il sopravvento [17].
5. Conclusioni
L’approccio di Ettore Scola all’omosessualità è sicuramente coraggioso per il suo tempo. Lo dimostra sicuramente la scelta di utilizzare due grandi divi del cinema italiano per riuscire a coinvolgere il pubblico a guardare un film a riguardo della tematica omosessuale. Proprio per questo motivo, ipotizzando anche le aspettative che il pubblico possedeva nei confronti della relazione sullo schermo tra Sophia Loren e Marcello Mastroianni, il regista si lascia abbandonare a una scena d’amore tra i due che nulla avrebbe a che fare con i gusti sessuali dell’omosessuale Gabriele. Pensiamo quindi che la scena in questione sia una costrizione dei tempi e delle necessità di un pubblico, piuttosto che una mancanza di coraggio del regista nel rappresentare un omosessuale come personaggio positivo dall’inizio alla fine della storia. Purtroppo, l’omosessualità al cinema negli anni Settanta era ridotta a caratterizzazioni ridicole, stereotipi o personaggi negativi, come uomini comicamente effemminati, lesbiche maschiacce, oppure assassini, ladri et similia. La definizione di omosessuale nella storia del cinema fino agli anni Settanta si appoggia a quella di omosessuale come il gay o la lesbica che vogliono essere assimilati alla società riproducendo le caratteristiche definite dall’eteronormatività [18]. Ciò significa che le figure dell’omosessuale e della lesbica nel cinema italiano sono state date in pasto al pubblico come soggetti che dovevano essere visti dall’esterno, da un punto di vista eteronormato per cui essi sono soggetti pericolosi, capaci di turbare l’ordine della coppia eterosessuale. Ciò può essere addotto a un particolare dispositivo del discorso sociale e culturale in cui l’omosessuale è considerato (e, di conseguenza, si considera) sempre e solo oggetto di sguardo e mai soggetto. Infine, il cinema d’autore di matrice storica denuncia le condizioni dell’omosessualità maschile nel contesto del fascismo italiano, in cui dichiarare la propria omosessualità equivale a una de-virilizzazione dell’immagine dell’uomo italico fascista. Infatti, l’omosessualità non era criminalizzata perché creare una legge ad hoc avrebbe sottolineato e ribadito l’esistenza stessa dell’omosessualità. Ettore Scola, nel suo Una giornata particolare (1977), è stato l’unico regista italiano a realizzare l’immagine di un omosessuale che ha la forza di opporsi al fascismo. Dieci anni dopo, il racconto dell’omosessuale durante il periodo fascista verrà toccato da un altro regista, Giuliano Montaldo, nel film Gli occhiali d’oro (1987), in cui però l’omosessualità è vissuta dal protagonista come una vergogna che lo porta al suicidio, a seguito di uno scandalo.
Immagine: una foto di scena del film Una giornata particolare (1977), fonte: https://it.wikipedia.org/wiki/Una_giornata_particolare#/media/File:Una_giornata_particolare_(film).jpg
[1] Gianni Canova, Ettore Scola, in Belfagor, 31 maggio 1986, Vol. 41, No. 3 (31 maggio 1986), p. 279.
[2] Michel Chion, La voce del cinema, Pratiche, Parma 1991, p. 33.
[3] Stefania Carpiceci, Una giornata particolare di E. Scola, Marsilio Editori, Venezia 1997, p. 454.
[4] Ettore Scola, Una giornata del ’38, in Ruggero Maccari, Ettore Scola, Appendice alla sceneggiatura di ’Una giornata particolare’, Longanesi, Milano, 1977, p. 138.
[5] Giovani dall’Orto, Omosessualità e razzismo fascista, fonte online: https://www.giovannidallorto.com/saggistoria/fascismo/razzismo/razzismo.html (Ultima consultazione: 05/12/2020).
[6] Sandra Ponzanesi, Queering European Sexualities Through Italy’s Fascist Past, in Mireille Rosello and Sudeep Dasgupta (eds), What’s Queer about Europe?: Productive Encounters and Re-enchanting Paradigms, Fordham University Press, New York 2014, p. 89.
[7] Lorenzo Benadusi, Il nemico dell’uomo nuovo. L’omosessualità nell’esperimento totalitario fascista. La Feltrinelli, Milano, 2005, pp. 13-14.
[8] Ivi, p. 46.
[9] Ibidem.
[10] Ivi, p. 108.
[11] Giacomo Lichtner, Fascism in Italian Cinema since 1945. The Politics and Aesthetics of Memory, Palgrave MacMillan, London 2013, p. 167.
[12] Ibidem.
[13] Stefania Carpiceci, op. cit., p. 461.
[14] Gianfranco Pasquino, La vida ordinaria bajo el fascismo, in Manuel Alcantara, Santiago Mariani, La politica va al cine, Universidad del Pacifico, Lima 2014, pp. 209-221.
[15] Giacomo Lichtner, Fascism in Italian Cinema since 1945. The Politics and Aesthetics of Memory, Palgrave MacMillan, London 2013, p. 162.
[16] Fiorenzo Lancini, Paolo Sangalli, La gaia musa, Gammalibri, Milano 1981, p. 53.
[17] S.R., La giornata di Sophia e Marcello mentre Hitler visitava Roma, in La Stampa, 1° ottobre 1977, p. 7.
[18] Beatrice Gusmano, Definire l’Alterità: l’omosessuale e il soggetto queer, in Alessia Bianco (a cura di), Alterità, Aracne Editore, Roma 2012, p. 77.
Cristian Viteritti è nato ad Acri (CS) nel febbraio del 1995. Laureatosi in Discipline di Arte, Musica, Spettacolo con una tesi sui nuovi approcci di visione dello spettatore cinematografico nell’era del Digital Streaming, attualmente frequenta il corso di laurea magistrale in Cinema, Arti della scena e Media presso l’Università degli Studi di Torino. Appassionato di film, fotografia e dei processi che riguardano la relazione tra essi e lo spettatore, il suo mantra è: osservare vuol dire conoscere e conoscere vuol dire accettare e difendere la propria libertà e intelligenza.