Letteratura Sociologia

Letture di redazione

Cosa abbiamo letto a Marzo in redazione


Nel ruggito della spiaggia scossa dalle onde (Antologia Pirata)
Edgar Allan Poe
Edizioni Haiku, 2021
trad. it. Mauro Cotone

Nel ruggito della spiaggia scossa tra le onde (Antologia Pirata), in uscita il prossimo 29 marzo, è una raccolta eterogenea di opere del mai troppo letto e studiato Edgar Allan Poe: racconti, componimenti in versi e un saggio, legati, al netto della varietà dei generi, da un comune e sotterraneo filo conduttore, che ricollega la pubblicazione all’idea della collana Settemari, intrigante progetto della giovane casa editrice Edizioni Haiku. La serie, curata da Flavio Carlini e Mauro Cotone (quest’ultimo traduttore di Poe), si occupa del recupero di opere della letteratura inglese e americana che narrano storie di pirati, corsari, briganti o, allargando il campo, malfattori e fuorilegge. Diventa subito evidente, allora, il senso del ricorso alla produzione del maestro dell’orrore per eccellenza, che tante e macabre storie ebbe modo di costruire attorno alle vicende di criminali e assassini. L’antologia si apre con tre brevi racconti: Il cuore rivelatore, Il gatto nero, Il barilotto di Amontillado, in cui il dualismo vittima-carnefice scandisce l’andamento della scrittura con incalzante ferocia, in un’atmosfera sospesa. Ad essi segue Lo scarabeo d’oro, racconto di media lunghezza che costituisce il cuore della raccolta, non a caso essendo il più affine all’universo piratesco; vi si narra infatti del ritrovamento del tesoro di William Kidd, noto corsaro sotto la corona inglese prima, ancor più famoso pirata poi, sul quale scrissero in molti (ad esempio, Daniel Defoe, “padre” di Robinson Crusoe). Curioso come tre di queste opere (Il cuore rivelatore, Il gatto nero e Lo scarabeo d’oro) furono nominate dallo stesso Poe quando nel 1844, in una lettera al poeta James Russell, egli faceva riferimento ai suoi racconti meglio riusciti. Dunque, ai componimenti in prosa seguono due poesie, A Dream within a Dream e la celebre The Raven, entrambe profondamente immersive e oniriche, presentate con traduzione a fronte che oculatamente conserva il ritmo della lingua originale.
Essendo difficile e impegnativo ad oggi scrivere di Edgar Allan Poe con parole nuove e scevre da banalità, resta sempre un grande piacere leggere gli scritti analitici dello stesso autore, i quali egli raccolse in The Philosophy of Composition – chiosa finale di quest’antologia –, pubblicato per la prima volta nel 1844 sul giornale Graham’s Magazine. Si tratta di un saggio che, come il titolo suggerisce e anticipa, attraversa i diversi – nonché accuratamente definiti – stadi che preludono al verseggiare del Poe poeta, dapprima introdotti in linea generale, in seguito esemplati attraverso Il Corvo, che nella raccolta precede immediatamente questo testo. Centrale nella riflessione è l’intento dello scrittore di demistificare la natura del processo creativo, liberando quest’ultimo da quell’aura sacrale dell’ispirazione artistica che assale e rende invasato il poeta alla ricerca del Bello. Al contrario, Poe esalta l’ordinata precisione e il raffinato studio, dispendioso e lento, che precedono la fase definitiva d’impressione dell’inchiostro sulla carta: servono tentativi, metodo ed esercizio per “assemblare” la Bellezza, che solo l’immediatezza del linguaggio poetico, pur sottostante a fondamentali dettami, è in grado di produrre.

Ora, io indico la Bellezza come il luogo deputato della poesia, semplicemente poiché l’evidente ruolo dell’Arte è che gli effetti debbano sgorgare da cause dirette…


America
Jean Baudrillard
SE, 2016
trad. it. Laura Guarino

A metà tra saggio sociologico e reportage di viaggio, America, uscito per la prima volta nel 1986, è un’opera illuminante che trae dalla sua apparente disorganicità interna la carica epifanica che ne caratterizza gli assunti e le prospettive. Le rivelazioni argute ed ermeneuticamente pregnanti puntellano l’andamento narrativo e contribuiscono a dialettizzare le argomentazioni, oscillanti tra l’analisi delle forme relazionali, delle esperienze percettive e delle manifestazioni caratterizzanti delle metropoli americane (New York, Los Angeles) e l’indagine intorno ai grandi spazi naturali che si aprono a Ovest. Affascinato dal “mito” americano e dalle declinazioni peculiari attraverso cui tale auto-mitologia si afferma e si imprime nell’immaginario collettivo, Baudrillard tenta di carpire i moti latenti che soggiacciono a questa nuova e inedita costellazione di valori e di modelli di vita, che si pone in netta antitesi a quella diffusasi in Europa in secoli di stratificazione storica e socio-culturale. L’America emerge dunque come un mondo a sé, ecosistema attrattivo e influenzante, che fa della propria mancanza di passato e di memoria lo stimolo vitale e lo strumento centrale per plasmare le proprie istanze di sviluppo e di progressione, per costituire alla base l’ideologia del successo, del potere e dell’affermazione del sé che le consente di fluttuare in un tempo magnetico e iper-presentizzato, in cui ogni visione è visione di conquista e ogni giorno è proiettato nel futuro.


Sogni e favole
Emanuele Trevi
Ponte alle Grazie, 2019

Sogni e favole di Emanuele Trevi è un’opera ibrida, che si colloca in uno spazio interstiziale tra personal essay e divagazione romanzesca, a metà tra “saggio letterario” e “seduta spiritica”, per usare le parole dello stesso autore. Con una prosa evocativa e sognante Trevi plasma un’eterobiografia affettiva che mette al centro tre figure centrali nella vita dello scrittore – Arturo Patten, Cesare Garboli e Amalia Rosselli –, ora divenuti fantasmi tangibili, presenti, i cui lineamenti emergono dalle pagine attraverso un suggestivo gioco di specchi che interseca e mescola in maniera eterogenea e disarmonica date, momenti, incontri, dialoghi, rivelazioni di senso. Alternando riflessioni, citazioni, poesie, immagini, foto, con il filone principale della narrazione, Trevi fa della memoria e delle sue dinamiche segrete e latenti il principio compositivo del testo, una sonda lanciata nel passato per trarne fuori il gusto di qualcosa che non c’è più e che però è stato bello, illusorio, faticoso, illuminante. Il proprio vissuto diviene un dialogo labirintico da ripercorrere tramite un dispositivo anamnestico che cuce perfettamente la scrittura con gli spettri evocati, tratteggiando di quest’ultimi impressioni contingenti, personali, che proprio in virtù della loro evanescenza percettiva acquisiscono spessore e si arricchiscono di sfumature e significati nuovi, primigeni.   


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