Cosa abbiamo letto a Maggio in redazione
L’immaginario dal vero
Henri Cartier-Bresson
Abscondita, 2005
trad. it. Piera Benedetti

Libro prezioso per tutti coloro che amano la fotografia, L’immaginario dal vero di Henri Cartier-Bresson contiene non solo il racconto frammentario di un’autobiografia professionale impareggiabile, corredato da un insieme variegato di segreti del mestiere e raccomandazioni tecniche, ma una vera e propria poetica dello sguardo, che si declina nell’elogio dell’istante decisivo, nell’esaltazione della virtù della calma e della sapienza, dell’importanza di assorbire l’ambiente circostante e di sapersi relazionare con le persone. Questo breve libricino, contente materiali eterogenei che coprono più di quarant’anni di carriera, è però soprattutto una lunga lettera d’amore alla fotografia, il solo mezzo d’espressione «capace di rendere l’eternità d’istante», e al suo linguaggio, all’atto stesso del fotografare, che si accompagna ad una vivisezione precisa e puntuale dell’oggetto-fotografia, del suo valore ontologico ed artistico, della sua ragion d’essere. Ad arricchire il volumetto ci sono poi numerose riproduzioni di foto e di appunti o note scritte a mano dallo stesso Cartier-Bresson, alcuni brevi e simpatici resoconti di viaggio, nella Cuba castrista così come nella Mosca sovietica o nella Cina quasi comunista, e degli altrettanto gustosi ritratti, dal sapore squisitamente aneddotico, di artisti, scrittori e amici, come Giacometti, Breton, Renoir.
Fratelli
Ivan Bunin
Adelphi, 2020
trad. it. Claudia Zonghetti

La seconda uscita della collana “microgrammi” di Adelphi, Fratelli di Ivan Bunin, premio Nobel nel 1933, si compone di due racconti scritti tra il 1914 e il 1916 dallo scrittore russo, Fratelli e Il figlio, che fanno parte della più ampia raccolta Il signore di San Francisco. Sono due racconti coloniali, dalla prosa ferma, compatta ed elegante e dall’impostazione classica che condividono l’ambientazione esotica e una descrizione leggermente stereotipata, tipica però del periodo primonovecentesco, della presenza europea in terra straniera. Nel primo racconto, che dà il titolo al breve libricino, Bunin, tratteggiando con maestria alcuni momenti della quotidianità coloniale nel Ceylon, sembra voler denunciare l’iper-razionalismo occidentale, freddo e calcolatore, e il fatalismo europeo, lontano ormai da ogni valore e da ogni credo, incarnato dal gentlemen inglese che fa le veci del protagonista, in contrasto con la visceralità, la religiosità e il forte sentimento della vita e della grandezza dell’universo che gli “altri”, i colonizzati, sembrano ancora possedere. Il figlio invece, strutturato come una inchiesta giudiziaria raccontata a posteriori e ricostruita attraverso le testimonianze e le dichiarazioni dei personaggi principali, è un brevissimo racconto dal sapore decadente, che si sviluppa giocando sullo stretto legame che intercorre in terra straniera tra amore voluttuoso, tradimento, gioventù e morte.
Esortazione ai medici della peste
Albert Camus
Bompiani, 2020
trad. it. di Yasmina Melaouah

Scritto da Camus probabilmente nel 1941, sei anni prima della pubblicazione de La peste, Esortazione ai medici della peste costituisce uno dei lavori preliminari ed è stato pubblicato per la prima volta da Gallimard nel 1947, insieme con Gli archivi della peste. Così come il romanzo a cui prelude, questo breve testo conserva intatta tutta la sua attualità e la sua pregnanza, non solo per l’evidente corrispondenza con la situazione odierna, in cui una pandemia globale sta mettendo in crisi l’intero sistema economico, politico e sociale dell’Occidente, ma per la sensibilità, l’acutezza e la forza di parole che suonano oggi ancora potenti, perché la paura che risiede al fondo dell’animo umano rimane in realtà sempre la stessa, a prescindere dai decenni di lontananza temporale. L’esortazione di Camus, oltre a contenere consigli minuti, pragmatici e professionali, possiede soprattutto una grande carica allegorica, nel segno della quale ogni frase ed ogni concetto s’illuminano di un significato secondario, che ne ampia verticalmente il senso e il valore, così come i sentimenti evocati, il timore, la tristezza, il dominio di sé, scavalcano la contingenza d’occasione per abbracciare il nostro orizzonte comune, ricordandoci di non essere poi tanto diversi da chi ci ha preceduto.
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