Cosa abbiamo letto a Marzo in redazione
Un punto di approdo
Hisham Matar
Einaudi, 2020
trad. di Anna Nadotti

A metà tra memoir, autobiografia, letteratura di viaggio e libro d’arte, Un punto di approdo del premio Pulitzer Hisham Matar è un libro scritto meravigliosamente, le cui poche pagine sono così dense e significative da costringere il lettore a centellinarle con cura. La prosa limpida, concisa ma profonda di Matar vince sull’indeterminatezza costitutiva della forma narrativa, che invece di indebolire l’architettura globale del testo si rivela anzi preziosa ed imprescindibile. È infatti proprio in virtù di un ibridismo formale strutturalmente consapevole e di una prosa matura e cristallina che questo libricino si trasforma in un’opera sui generis, capace di raccontarci – con descrizioni ricche, puntuali ed incisive – non solo Siena, i capolavori della sua Scuola, ma soprattutto la storia di un uomo che davanti alle tele di Duccio di Boninsegna si è riconciliato con se stesso e con il proprio passato. La plasticità della scrittura di Matar, grazie anche ad un lessico vario e artisticamente appropriato, oltrepassa la bidimensionalità della pagina per restituirci tutta l’atmosfera, i colori, i motivi, gli squarci epifanici e le multiformi sensazioni di un mese di vita consacrato interamente a una città e alla sua arte.
Utopie Eteretopie
Michel Foucault
Cronopio, 2018
a cura di Antonella Moscati

Utopie Eterotopie è un libricino di poco più di sessanta pagine, denso, prezioso e rivelatorio, come d’altronde gran parte delle opere di Foucault. Il breve testo contiene la trascrizione di due conferenze radiofoniche – tenute dal filosofo francese su France Culture nel 1966, stesso anno di pubblicazione de Le parole e le cose – che vertono sulla definizione del concetto di eterotopie, «utopie localizzate», luoghi «assolutamente differenti». Ogni società umana si è dotata, per necessità socio-fisiologiche, di questi «contro-spazi», che nel corso dei secoli sono cambiati, mutando forma e funzione, dalle case chiuse ai villaggi turistici, dai manicomi alle prigioni, dalle fiere ai cinema. L’anarchia, la marginalità e l’opposizione ontologicamente costitutiva tipiche di ogni eteretopia creano discontinuità fisiche, mentali, relazionali che oggi più che mai sono al centro delle riflessioni contemporanee, delle ricerche e dei dibattiti di un gran numero di sociologi, filosofi, urbanisti, architetti. La visionarietà, la ricchezza dei concetti e lo spessore filosofico delle tesi foucaultiane rendono questi due testi ancora oggi attuali, fertili, suscettibili d’interpretazione, studio e analisi.
Ai sopravvissuti spareremo ancora
Claudio Lagomarsini
Fazi, 2020

Uscito nel Gennaio di quest’anno per Fazi Editore, Ai sopravvissuti spareremo ancora è il primo romanzo di Claudio Lagomarsini (Carrara, 1984), ricercatore in Filologia romanza all’Università di Siena. Con l’audacia e la consapevolezza di chi ha tanto da comunicare, Lagomarsini dipinge una famiglia come tante, preda del presente, vittima degli eventi. Nel caos calmo del quotidiano e della provincia, dove il fatto singolare si eleva a legge, l’ordigno esplosivo si annida sotto il pavimento di ogni comune abitazione. Marcello racconta quell’estate del 2002 attraverso il quaderno che il fratello minore, il Salice, scoverà tanti anni dopo; racconta, annota: la macchina degli eventi è in moto e deve solo presentargli i fatti da stenografare. Al fratello, che si calerà nel suo punto di vista, apparirà come uno sconosciuto, di cui era nota l’angoscia, sì, ma non i suoi motivi. Marcello narra, finge di narrare, cancella, strappa: probabilmente se avesse potuto, come un novello Torquato Accetto, avrebbe emendato ogni singola parola del suo racconto, rendendo al lettore solo una enorme cicatrice (“Le parole tornano a essere un ingombro”). Al fratello che ritrova e legge il quaderno resta solo la cronaca di un passato, la merda di ogni giorno, tutta la nebbia vaga dell’accaduto e un fratello sconosciuto: grumi di significato, è tutto ciò che sopravvive, ma non se ne avrà pietà.
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