Critica

Appunti per una teoria della vacuità /2


Per gli altri articoli di Niccolò

I linguaggi social, fondati sull’efficacia, sulla visibilità e la brevità, capaci di dominare la Rete e di invadere e modificare dall’interno i contesti relazionali del vivere quotidiano, rimpiazzano quelli regolari, scolastici, canonicamente attestati, che a loro volta si erano imposti durante il salto generazionale a scapito di un livello formale e lessicale più elevato, problema che non fa che evidenziare la ciclicità dei processi sociali e delle strutture sottostanti. Le istituzioni, dalle più lontani alle più vicine, subiscono svalutazioni costanti e attacchi molteplici. Perfino la loro stessa ragion d’essere viene posta in dubbio in questo determinato momento storico. Esse sono dunque costrette a ridefinirsi e a ripensare non solo la loro forma, la loro spendibilità in termini di quotidianità e rappresentanza, ma anche e soprattutto i loro contenuti, i loro messaggi, i loro valori; parole-contenitore come cultura, politica, conoscenza vengono utilizzate con una frequenza tale e con così tanta approssimazione da provocare una penosa inflazione di senso, significato e impatto civile. I processi conoscitivi e artistici, riguardino essi la letteratura, le arti visive, il teatro, la filosofia, sopravvivono unicamente grazie e proprio in virtù della loro perifericità. Gli intellettuali si dedicano dall’autocommiserazione, consolandosi del loro status accessorio, se valutato ancora con occhiali novecenteschi, tentando solo saltuariamente di valicare i limiti, fisici e non, del submondo che li circonda oppure rischiando a volte la ribalta, rinunciando tristemente alle loro peculiarità intrinseche o presunte tali, ben presto snaturandosi per confondersi infine in maniera inevitabile con l’immensa mole di personaggi, fatti e opinioni che ogni giorno si rincorrono in un circolo vizioso di superficialità e abbrutimento.

Le istituzioni, dalle più lontani alle più vicine, subiscono svalutazioni costanti e attacchi molteplici. Perfino la loro stessa ragion d’essere viene posta in dubbio in questo determinato momento storico. Esse sono dunque costrette a ridefinirsi e a ripensare non solo la loro forma, la loro spendibilità in termini di quotidianità e rappresentanza, ma anche e soprattutto i loro contenuti, i loro messaggi, i loro valori

Nei paesi occidentali, dal 2008 in poi, si è assistito ad una drammatica regressione economica, che ha successivamente innescato a cascata un duraturo e forse irreversibile fenomeno di degradazione e imbarbarimento di ogni altro aspetto e livello del vivere comune, dalla politica all’informazione, dal dibattito libero e democratico alla legittimazione delle istituzioni e dei corpi intermedi. Quest’evidente onda d’urto, comune a gran parte degli Stati fortemente danneggiati dalla crisi finanziaria nata negli USA, si è abbattuta dunque – con una violenza per portata e vastità simile unicamente a quella che invase l’Europa dopo il ’29 – persino su alcuni dei capisaldi basilari delle democrazie europee: il welfare, l’integrazione, la solidarietà sociale, la partecipazione cittadina. Il risentimento e l’intolleranza hanno messo piede all’interno del dibattito sociale e quindi politico, agendo contemporaneamente da stimolo e conseguenza, occupando poco a poco gran parte dei programmi e progetti di alcuni partiti, abili a soffiare sul fuoco delle legittime paure popolari e a incanalare consenso sbandierando a gran voce i temi della sicurezza e dell’immigrazione. L’estesa e variegata crisi delle democrazie che corrode i paesi più sviluppati e ricchi al mondo sembra aver rimesso in discussione, o almeno adombrato, alcune fondamentali conquiste legislative e sociali date oramai per certe e garantite. Se è vero che il concetto più o meno idealizzato di appartenenza e identità comunitaria è sorto con vigore durante i primi anni di formazione e consolidamento degli stati-nazione, a partire dalla fine del XVIII secolo, con il lento e inesorabile sfilacciamento del tessuto sociale che ha nell’ultimo periodo sostanzialmente reciso i fili tra centro città e periferie, tra zone urbane e spazi rurali, tra élite e popolo, imprenditori ed operai, si è riaffacciato con prepotenza dal basso un bisogno di riaffermazione “patriottica” e autarchica, che fa leva sul concetto di sovranità popolare. Nel momento in cui la crisi economica e poi diverse e conseguenti azioni di politica finanziaria dettate dall’austerity hanno minato e destabilizzato le già poche certezze economiche e lavorative di una estesa fetta di popolazione, è emersa la necessità da parte di certa politica di intercettare il malcontento, di farlo proprio e indirizzarlo con fissità estrema su alcune tematiche, su alcuni soggetti, enti o fenomeni selezionati con cura da riproporre poi ciclicamente, in base ai venti e agli orizzonti mutati.

L’estesa e variegata crisi delle democrazie che corrode i paesi più sviluppati e ricchi al mondo sembra aver rimesso in discussione, o almeno adombrato, alcune fondamentali conquiste legislative e sociali date oramai per certe e garantite

Essendo venuta meno una larga ed omogenea condivisione di alcuni tra i valori basilari e fondanti di un’entità comunitaria e statale, è diventato sempre più complesso accordarsi su una certa idea di umanitarismo, che, data forse per storicamente acquisita, troppo presto è stata oscurata da finalità unicamente governative e conservative. Sembra di essere entrati in una fase storica in cui morale e legge sono in procinto di imboccare binari differenti e paralleli. Pare dunque urgente e necessario ripensare e re-immaginare gran parte del nostro bagaglio sociale e comportamentale, tornando ad evidenziare la fondatezza decisiva di priorità morali attualmente accantonate. Parlare oggi di morte dell’etica, marginalizzazione sociale, imbarbarimento linguistico vuol dire dunque parlare anche e soprattutto di tenuta delle democrazie rappresentative, di lavoro, di rispetto e tutela della costituzione, riflettere sulle differenze sociali sempre più evidenti, sui bisogni comuni, sul dislivello culturale e sul malfunzionamento del sistema scolastico. Solo ripartendo da un lavoro di ri-puntellamento sincronico e migliorativo degli aspetti centrali e alla base di ogni società civile, che coinvolga unitariamente cittadinanza, politica, enti intermedi, sviluppi legislativi, sarà possibile marginalizzare nuovamente quei sentimenti d’odio e rancore che in questo preciso momento storico spopolano in maniera incontrastata. Affrontando con spinta solidale e un nuovo senso d’umanesimo le sfide future che attendono l’Italia e l’Europa tutta, ora in recessione economica, politica, culturale, è forse immaginabile intraprendere una strada diversa, dare forma e contenuto ad una visione totalmente opposta rispetto a quella impaurita, oppressiva e isolazionista che oggi ci viene propinata alacremente, incentrata invece sull’egualitarismo, il rispetto e la difesa dei diritti sociali, l’allargamento e l’accessibilità ai processi di cittadinanza e formazione della comunità, possibilità lavorative più estese e garantite, integrazione fruttuosa, modelli economici sostenibili e salvaguardia dell’ambiente.


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